Il passaggio generazionale e la trasformazione dell’azienda da imprenditoriale a manageriale sono due temi sempre centrali all’interno delle Piccole e Medie Imprese italiane.
Il passaggio generazionale: un’intera generazione di imprenditori si trova a dover passare il testimone ai propri figli, che spesso hanno differenti caratteristiche personali e diversa formazione. D’altronde, l’imprenditore è quasi sempre una figura particolare: spesso carismatica, sempre dotata di un carattere deciso e di una forte tensione al risultato. Se non fosse tanto determinato, sarebbe stato da tempo sopraffatto dalle tante difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso dell’esistenza sua e dell’azienda, che poi spesso sono la stessa cosa. È del tutto naturale che i figli possano avere un’altra tempra o, semplicemente, una differente visione della vita e del lavoro: le condizioni di partenza e ambientali, oltre che le spinte propulsive alla base del successo del padre, sono profondamente diverse per i figli.
La situazione sarebbe più semplice se l’azienda avesse risolto l’altro grande ostacolo verso la crescita: la trasformazione dell’impresa da padronale a manageriale. In questo caso, i figli potrebbero entrare gradualmente in azienda, occupando il ruolo per cui hanno maggior competenza e attitudine, rispondendo inizialmente a un manager con un rapporto esclusivamente professionale. Oppure, potrebbero limitarsi a gestire la proprietà dell’azienda, assicurandosi il controllo dell’operato del management.
La situazione che troppo spesso si trova, purtroppo è un’altra. L’imprenditore, fiducioso sulle proprie capacità e consapevole dei pericoli del mercato, accentra il più possibile su se stesso le responsabilità, spesso senza capire che si deve passare da un modello basato su esperienza e intuito, ad un altro costruito su ascolto, competenze e pianificazione.
L’origine di tutti i problemi è il mondo, sempre più complesso e meno leggibile. Qualche decennio fa le aziende nascevano e crescevano su basi ben definite. Spesso il successo derivava da un’intuizione brillante, portata avanti con feroce determinazione, spirito di sacrificio e grande capacità. Non basta più, adesso: le variabili sono numerose e in continuo cambiamento, al punto che è difficile stabilire la linea guida da seguire per lo sviluppo dell’impresa, alle prese con mercati globali, mezzi di comunicazione dalle potenzialità infinite, repentini cicli di vita dei prodotti e cambiamenti continui delle esigenze dei consumatori.
In questa situazione, le vecchie generazioni difendono i fondamenti da cui è derivata la fortuna dell’impresa. I giovani manager, invece, conoscendo meglio gli strumenti che un’azienda ha oggi a disposizione, propongono strade innovative per restare sul mercato. Da qui nasce la difficoltà a fondere vecchie esperienze e nuove capacità, con conseguente crescita della conflittualità aziendale che porta a una gestione inefficiente.
Si può uscire da questa condizione agendo su due diversi aspetti: umano e strategico. Sul piano dei rapporti, la sfida è riuscire a spersonalizzare le diverse posizioni, rendendo oggettive le scelte di gestione aziendale. Dal punto di vista strategico, occorre trovare una strada per sviluppare l’impresa partendo dalle basi su cui è stata costruita, ma che tenga conto delle mutevoli condizioni di mercato, delle nuove opportunità di comunicazione e della rivoluzione digitale in atto.
Le PMI possono affrontare con successo i due temi sviluppando la propria attività intorno ad una pianificazione di marketing condivisa. Perché scegliere un approccio di marketing per impostare l’impresa? Per il semplice motivo che il mondo delle aziende ha un solo “re”: il mercato, che si può creare, controllare, subire, influenzare, ampliare, segmentare, ma non ignorare, se si vuole che l’impresa resti sul mercato.