Non sarà un Natale come gli altri, i giornalisti non dovranno faticare molto per trovare storie commoventi.
In realtà, stavolta avremmo bisogno di ben altro genere di racconti: quelli che possono darci coraggio, positività, motivazione per andare avanti come persone e come aziende, che poi sono la stessa cosa.
Noi ce l’abbiamo, una storia così. Arriva grazie a un’iniziativa di Riccardo Polinelli, noto imprenditore nel campo degli occhiali e della ristorazione.
Seguendo la sua filosofia di vita, che prevede anche di “dare” senza necessariamente ottenere qualcosa in cambio, ha donato al territorio varesino una serie di conferenze
di un “motivation speaker” americano, suo amico di lunga data: John Foppe.
Una è stata tenuta per la Pallacanestro Varese, per motivare la prima squadra alla vigilia della proibitiva partita con la fortissima formazione di Siena (a proposito: missione compiuta, John), oltre che per dare un contributo educativo al settore giovanile.
John è nato senza braccia.
Vederlo dal vivo quando si mette e si toglie la giacca, come apre la bottiglia di una bibita, la versa in un bicchiere e poi la beve usando solo i piedi è ben più forte che immaginarlo.
Durante la conferenza racconta, senza concedersi sconti, com’è stata la sua vita. Fino a quando non è diventato un ragazzino, i genitori e i suoi sette fratelli provvedevano a tutto: lo lavavano, lo vestivano, lo imboccavano a tavola.
Foppe aveva costruito la sua vita intorno all’handicap, aveva imparato a usare la pietà per comandare su tutti gli altri.
Fu durissima, la decisione che un giorno i suoi genitori presero: vietarono ai fratelli di aiutarlo in alcun modo.
Da quel momento, avrebbe dovuto cavarsela da solo.
È drammatico il racconto del primo giorno in cui dovette prepararsi da solo per andare a scuola: la difficoltà gli sembrò talmente grande da farlo cadere nella prostrazione.
Poi reagì, però, e ce la fece: quella e altre mille volte.
Ora guida l’auto, gira il mondo per le sue conferenze, ha moglie e figlia, entrambe splendide.
Dal giorno in cui dovette vestirsi da solo per la prima volta e per tutta la sua vita, ancora oggi, aiutato dalla sua coraggiosa famiglia John ha usato la sua “condizione”, (non usa mai la parola “handicap” non per ipocrisia, ma per la sostanziale ragione che lui non lo considera tale) per raggiungere altri obiettivi: non impietosire gli altri e ottenere ciò che vuole facendo leva sul senso di colpa, ma superare i propri limiti, molti dei quali erano solo nella sua testa.
“La prima cosa che hai bisogno di fare è spesso l’ultima che vuoi fare”.
Questa frase, se l’è ripetuta come un mantra.
Nella vita professionale, così come in quella personale, è un grave errore aggiungere i limiti che ci imponiamo a quelli che la situazione già comporta.
Troppe volte le aziende rinunciano a portare avanti un’attività perché non ci si crede abbastanza, e poi altre aziende lo fanno ottenendo grandi successi.
Conoscere i propri limiti è fondamentale, ma lo è anche sapere che molti di questi sono solo momentanei e che, lavorandoci su, possono essere ridotti.
Vale sia per le aziende sia per le persone: capire quali sono le aree di miglioramento, i mercati che possiamo servire ora e che potremmo servire, se ne vale la pena, se facciamo un certo percorso.
Lamentarsi è umano, a patto che lo si faccia solo un po’, perché se diventa la principale attività si sottraggono tempo e positività alle nostre azioni, ed energia a chi ci sta vicino.
Una realtà difficile si accetta sforzandosi di rimediare per quanto è nelle nostre forze, che sono maggiori rispetto a quanto crediamo: John Foppe ce lo dimostra.
Nessuno nega le enormi difficoltà che aziende e persone stanno affrontando ormai da troppo tempo, purché non si aggiungano le negatività che costruiamo senza rendercene conto.
Per “scalare le montagne” ci vogliono forza e determinazione che non tutti hanno voglia di tirar fuori, perché è faticoso. Crogiolarsi invece nel “non c’è niente da fare” è ben più facile, ma è una strada che non porta da alcuna parte perché la vita continua malgrado tutto, malgrado noi.
Che c’entra tutto questo con il marketing?
Moltissimo, visto che per conoscere quali sono gli ambiti di crescita alla nostra portata e per perseguirli, l’approccio di marketing è l’unico possibile.
Siamo a Natale e alle soglie di un nuovo anno, meglio cercare coraggio che cedere alle lacrime.
E poi lo sa bene anche John: non servono le braccia per tenere su la testa…