Non so se hai notato

Scarica l’articolo in pdf pdf

 

La scena si svolge in un campo da golf, anzi in un “pitch and putt”, cioè quello intermedio: più piccolo di un normale campo, ma più grande di quelli da minigolf.
È un soleggiato pomeriggio di primavera e un signore di mezz’età – un “cinquantino”, direbbe Andrea Camilleri – è riuscito a strappare qualche ora al lavoro per potersi allenare.
La posizione in cui si trova la pallina è particolarmente svantaggiosa, il gesto tecnico difficile: per arrivare alla buca c’è una certa distanza e, soprattutto, vegetazione che
ostacola il viaggio della pallina e una zona coperta di sabbia da superare.
Il giocatore si concentra ed effettua il colpo: la pallina si alza, sfiora gli ostacoli senza toccarli, cade sull’erba rasata e rotola. Proprio al suo ultimo giro prima di esaurire l’energia che la muove, la pallina cade dentro la buca. Una magia, uno di quei colpi che, se lo fai in gara…

Il golfista esulta, ma la sua gioia dura pochissimo. Il sorriso gli si spegne dopo pochi secondi e subito si guarda intorno alla ricerca dell’unica cosa che gli importa in quel momento: trovare qualcuno che abbia visto la sua prodezza. Si guarda intorno speranzoso, ma il campo è semideserto, nessuno è vicino a lui. Almeno, così gli sembra.
Si volta indietro e mi guarda: dunque una persona c’era – è il primo pensiero che gli passa per la mente -, ma avrà visto?
Io lo guardo e decido di regalargli la soddisfazione che cerca: “Gran bel colpo, complimenti davvero!”.
Sono uno sconosciuto che probabilmente non vedrà più per tutto il resto della sua vita, eppure le mie parole gli bastano: sorride e si lascia andare all’autocompiacimento.
Senza un’altra persona come testimone, nella sua visione, quel colpo non sarebbe esistito davvero.

Questa dinamica – lo impariamo fin da quando siamo piccoli – si ripete spesso nella vita personale di ciascuno di noi: ogni volta che facciamo qualcosa di buono, la nostra gratificazione massima consiste nel fatto che qualcuno vi abbia assistito, soprattutto se ne sono testimoni persone alle quali teniamo.
Spesso questo non è possibile, allora ci consoliamo raccontando la nostra prodezza.
La condivisione dei nostri piccoli e grandi successi con le persone che amiamo e stimiamo sono la migliore ricompensa per i nostri sforzi e il nostro impegno, un meccanismo che contribuisce al nostro equilibrio personale.

La stessa dinamica dovrebbe valere anche per le aziende: se si è eccellenti – o quantomeno bravi – in un’attività, sarebbe assolutamente opportuno farlo sapere ai propri clienti attuali e a quelli potenziali.
Sono ancora molti gli imprenditori e i manager che guardano con diffidenza alla comunicazione: sono i capitani d’azienda concentrati esclusivamente sull’arrosto, cioè sul mandare avanti al meglio la propria attività realizzando prodotti di buona qualità, ma per nulla interessati al fumo con il quale identificano, in modo semplicistico, la comunicazione.
L’errore, oltretutto grave, è sbilanciarsi verso uno di questi due approcci, mettendoli in contrapposizione tra loro.

Nella realtà, oggi per stare sul mercato lavorare bene non è sufficiente: occorre anche comunicarlo in maniera efficace.
Valorizzare la propria capacità, gli investimenti fatti, i prodotti e i servizi che offriamo sul mercato è assolutamente vitale.
Molte aziende sono concentrate sul fatto che, in considerazione dei tempi, sia necessario tagliare le spese: quelle relative alla comunicazione sono le prime a finire tra le lame delle forbici.
Invece sarebbe ben più opportuno abbassare i costi razionalizzando gli investimenti pubblicitari, approfittando del fatto che, con i mezzi di comunicazione che abbiamo a
disposizione oggi, soprattutto quelli sul web, si può comunicare bene anche avendo a disposizione budget ridotti e facendosi venire un’idea.
Il pudore che porta a non mettersi in mostra per quanto si è bravi è uno stato d’animo che riguarda la sfera personale, ma che non deve mai sconfinare in quella aziendale.
Si agirà con più o meno sobrietà a seconda del tipo di attività e del profilo dell’azienda, a patto di avere sempre un punto fermo: tenere nascoste al mercato le caratteristiche positive di un’azienda è sempre stato sbagliato e, in un momento privo di certezze sul futuro, come quello attuale, potrebbe avere effetti mortali per l’impresa.
Non c’è altra strada che seguire una delle più importanti regole che influiscono sulla nostra vita: ciò che non è percepito dagli altri non c’è, non è mai esistito.

 

Scarica l’articolo in pdf pdf