Le nuove sfide si possono vincere anche alla vecchia maniera, soprattutto in tempi di crisi economica.
Per rimanere sul mercato, tentando perfino di svilupparsi, le imprese non hanno altra scelta: il cliente deve essere al centro della propria attività.
Chi non segue questa strada deve rassegnarsi a un ridimensionamento, quando va bene. Nei casi peggiori, le aziende sono destinate a scomparire.
Una singola vendita – o una serie di singole vendite a clienti diversi – non possono tenere in piedi un’impresa commerciale, in tempi di recessione: il discorso vale per la grande azienda e per il piccolo negozio.
Il vero obiettivo non può che essere la “fidelizzazione”, cioè la capacità di soddisfare chi ha scelto la nostra azienda per fare un acquisto, di convincerlo che ha speso bene il proprio denaro: solo se è contento il cliente tornerà, quindi spenderà ancora.
Sembrerebbe banale, eppure fino a qualche anno fa le aziende potevano permettersi di sottovalutare l’importanza della fidelizzazione: si viveva nell’illusione che, perso un cliente, se ne sarebbe trovato un altro solo compiendo un maggiore sforzo commerciale.
In parte era vero. Ora non più, perché la crisi impone ora un approccio meno superficiale, oltre che meno pericoloso.
Bisogna essere consapevoli che non esistono clienti facili da conquistare, e quelli che già si hanno cedono facilmente alle lusinghe della concorrenza, dei suoi attacchi commerciali. Instaurare un rapporto stabile con chi acquista, stando bene attento a come spende, è ormai inevitabile.
I motivi per fare questa scelta sono molti, il più importante dei quali è che acquisire un cliente costa: in pubblicità, personale commerciale, riduzioni di prezzo e facilitazioni nei pagamenti.
Questi costi diventano un investimento solo se l’azienda può ripartirli tra più vendite. Curare il cliente, inoltre, fa diminuire le spese di gestione, perché se si conquista la sua fiducia e si facilita la conoscenza reciproca, immediatamente i rapporti diventano più semplici e questo consente di snellire le procedure di vendita.
Un altro aspetto importante riguarda la pubblicità: l’acquisto di spazi per le campagne di comunicazione rimane una delle priorità, ma in mezzo a tanto fracasso mediatico non sempre il messaggio è efficace.
Al contrario, il “passaparola” non fallisce mai, ma solo curando i propri clienti le aziende possono conquistarsi una buona fama, cioè contare su qualcuno realmente in grado di procurare nuovi committenti: gratis, oltretutto.
Infine, un cliente fidelizzato apprezza i trattamenti “su misura”, personalizzati, e vi si abitua, divenendo così meno sensibile al prezzo: entro certi limiti, ovviamente. Se questo accade, l’azienda può difendersi meglio dagli attacchi della concorrenza.
Le capacità affabulatorie del venditore non bastano più, anzi: in certi casi sono controproducenti.
L’attività commerciale deve invece creare una relazione con il cliente: comprendere le sue esigenze, studiare come soddisfarle al meglio. Tutta l’azienda dev’essere riorganizzata attorno ai clienti, con un solo scopo: fare in modo che tornino.
Se si raggiunge questo obiettivo, significa che l’azienda ha livelli di efficienza e qualità che la rendono competitiva sul mercato.
Per farlo, il primo passo è un’attenta selezione del personale, scelto in base alle naturali doti di empatia e formato perché gestisca al meglio le
relazioni con i clienti.
Difficile non essere d’accordo sull’importanza di mantenere i propri clienti, eppure le aziende continuano a sbagliare perché tendono a premiare la forza vendita più per la conquista di nuovi clienti che per la conservazione di quelli già conquistati.
La ragione di questo errore potrebbe essere psicologica. L’attività commerciale è forse la più dura tra quelle aziendali: ha bisogno di risultati misurabili, in un mercato in cui aumenta la concorrenza, spesso non disponendo di argomentazioni vincenti.
L’acquisizione di un nuovo cliente genera soddisfazione, che è avvertita come una ricompensa per gli sforzi profusi e dà la carica per continuare.
Un nuovo acquirente conquistato è certamente un successo, ma la perdita di uno che già si aveva -e che si rivolge altrove – è una sconfitta durissima, un danno ben superiore ai vantaggi procurati dai nuovi arrivati.
Ecco perché inseguire sempre e solo i numeri non è la soluzione: servono invece scelte strategiche razionali, che rendano più sicuro il proprio portafoglio clienti e massimizzino i margini di guadagno dell’impresa.