“Comprereste un’auto usata da quest’uomo?”.
Puntavano sulla reputazione, gli avversari di Nixon, per screditarlo durante la campagna per le presidenziali Usa nel ‘72. Gli americani, quell’auto usata, la acquistarono e Nixon fu rieletto, poi finì come finì: per pessima reputazione.
Quattro decenni dopo, anche se può sembrare il contrario, poco è cambiato: la “buona reputazione” premia ancora, soprattutto quando si parla di aziende e in tempi di crisi.
Quando i soldi sono pochi, li si spende da qualcuno di cui ci si fida. Ecco perché, ancora oggi, la reputazione resta uno dei migliori indicatori di qualità dell’azienda.
È un campo in cui s’improvvisa poco, quello della “chiara fama”: la qualità di ciò che si offre al mercato deve migliorare continuamente, e poi si dev’essere capaci di comunicare all’esterno i propri punti di forza.
Nel marketing, “ciò che non è percepito, non esiste”, senza però scordare che ciò che non esiste, non può essere percepito.
Ci vuole tempo, per costruirsi una buona reputazione: tempo e lavoro, utilizzati per migliorare ciò che non va bene e per mantenere ciò che si promette.
È su questo, che si può costruire una forte immagine aziendale. Invece, spesso si punta tutto sull’immagine: si promette troppo e si mantiene poco, si confonde una buona reputazione con la semplice notorietà, che si può raggiungere semplicemente spendendo molti soldi in comunicazione.
Si cura la forma, ma la sostanza non c’è. Non paga, alla lunga, e neanche nel medio periodo.
Oltretutto, un’azienda concorrente può investire in comunicazione quanto noi, o addirittura di più, e quel vantaggio si perde.
Se invece la reputazione è scarsa, e s’investe per migliorare l’immagine correggendo anche i comportamenti, i risultati sono migliori e duraturi: più l’immagine è vicina ai comportamenti reali, più resterà solida nel tempo.
È però soltanto dopo aver fruito di un prodotto o di un servizio, o nell’aver lavorato insieme in modo soddisfacente nel caso di rapporti tra aziende, che possiamo far sorgere negli altri una buona opinione su di noi: le loro percezioni profonde saranno la nostra reputazione, e questa aprirà la strada al processo di comunicazione del “passaparola”: è la più efficace forma di pubblicità e, nel contempo, un vantaggio competitivo che la concorrenza difficilmente potrà colmare.
La reputazione è potere contrattuale, incide profondamente nella possibilità di riuscire a chiudere un accordo commerciale tra aziende, o sulle condizioni economiche del contratto.
Sono sempre meno le aziende che rispettano le scadenze dei pagamenti, minando così l’efficienza del mercato. Eppure, diverse di quelle aziende sarebbero nelle condizioni di rispettare i tempi, ma approfittano del momento di crisi generalizzata per rinviare i pagamenti, lucrando sugli interessi. Il che è un disastro, in termini di reputazione.
E poi, chi mai si rivolgerà a un’azienda nota perché accetta anche gli ordini che non può evadere nei tempi contrattuali e poi consegna in ritardo, gettando nella disperazione la società per la quale quei beni sono indispensabili per la propria attività, per essere a sua volta puntuale con i clienti?
È il contrario di ciò che si dovrebbe fare: migliorare la propria organizzazione, la qualità del personale, le procedure e gli altri aspetti che consentano di onorare impegni sempre più complessi.
Oltre che i comportamenti aziendali, sono fondamentali anche quelli personali: disdire o rinviare continuamente gli appuntamenti, cioè negare una disponibilità promessa in precedenza, è ad esempio una delle “cattive abitudini” che demoliscono la reputazione di un’azienda: non si può avere rispetto nei confronti di chi non ne ha per noi, per chi non tiene in alcun conto l’organizzazione del lavoro degli altri e, anzi, la calpesta: la buona educazione personale diventa poi l’etica aziendale.
La reputazione è sempre di più un asset aziendale fondamentale, soprattutto in una fase come questa. Lo sa fin troppo bene chi ha bisogno di un finanziamento, ma anche chi vuole entrare in un nuovo mercato o chi, in quel mercato, c’è già, ma vorrebbe provare a offrire un nuovo prodotto.
In momenti di crisi, spesso le aziende si devono muovere in campi non conosciuti.
Soltanto una buona reputazione può garantire la credibilità necessaria per ottenere la fiducia iniziale, necessaria per avere la possibilità di avere successo.
Se abbiamo una pessima reputazione, chi mai comprerà un’auto usata da noi?